Disturbo post-traumatico dalle missioni all'estero.

23.06.2023

Analisi tecnica sul disturbo post-traumatico dei militari

Nel corso degli ultimi anni la partecipazione delle forze armate italiane a missioni militari all'Estero ha assunto una considerevole importanza, sia in considerazione del notevole incremento delle operazioni che hanno visto impegnati contingenti militari italiani, sia sotto il profilo del maggior impiego di uomini e di mezzi, connesso alla più complessa articolazione degli interventi ai quali l'Italia ha partecipato. L'Esercito Italiano opera con la consapevolezza che le operazioni militari contribuiscono e stimolano la crescita del Paese ma soprattutto promuovono la coscienza dell'importanza per l'Italia di assumere ruoli di sempre maggiori responsabilità anche in campo internazionale. Ci sono diverse tipologie di operazioni militari: da semplici operazioni di ingerenza umanitaria, attraverso l'invio di osservatori internazionali, a missioni di mantenimento della pace, di formazione della pace e prevenzione dei conflitti, di costruzione della pace, fino ad arrivare a missioni di imposizione della pace.

Purtroppo, nei Paesi dove i militari svolgono i loro importanti compiti, non è detto che vada tutto bene. Come ben si sa, ci possono essere attacchi terroristici, guerre, bombe, incidenti aerei, stermini di massa ma anche terremoti, inondazioni e altri tragici eventi. L'esposizione a tutto questo può portare allo stress post-traumatico, una forma di disagio mentale che si sviluppa in seguito a esperienze fortemente traumatizzanti. Dall'Iraq all'Afghanistan, negli ultimi anni le missioni militari internazionali hanno visto aumentare l'incidenza del disturbo post-traumatico da stress. Gli scenari operativi nei quali le Forze Armate italiane sono oggi chiamate a operare si caratterizzano per la notevole criticità e, sovente, per le sfavorevoli condizioni ambientali e l'elevata instabilità sociopolitica. I conflitti moderni, tipicamente asimmetrici, in cui il nemico si presenta con modalità fluide ed imprevedibili, con strategie e tattiche di guerra non convenzionali, sottopongono i militari ad azioni e reazioni improvvise devastanti, in grado di mettere a dura prova anche le più sane capacità di adattamento. A questi fattori di rischio, si sommano gli effetti psicologici del distacco e della mancanza degli abituali riferimenti familiari ed affettivi. Sono presenti tutte le condizioni perché si manifestino reazioni emotive intense che, se non adeguatamente monitorate e gestite, comportano seri rischi per la salute mentale.

Il disturbo da stress post-traumatico è una condizione di disagio mentale complessa e derivante da molteplici fattori, sia personali che ambientali. Le persone, infatti, hanno una diversa suscettibilità e vulnerabilità alla condizione di stress, anche in relazione al maggiore o minore coinvolgimento diretto nell'esperienza traumatica. Tra i fattori che contribuiscono allo sviluppo di diversi livelli di questo disturbo, ci sono le caratteristiche specifiche dell'evento che lo causa e il grado o la modalità di esposizione della vittima, le caratteristiche degli individui, in termini della loro storia medica, psichica e familiare, le modalità di intervento nel periodo post-trauma. Alcune vittime manifestano stati d'ansia e cattivi ricordi che si risolvono con un adeguato trattamento e con il tempo. All'estremo opposto, invece, ci sono individui nei quali l'evento traumatico causa effetti negativi a lungo termine, come testimoniano numerose ricerche sugli individui esposti a violenza, tortura, maltrattamenti continuativi.

Generalmente, i pazienti hanno frequenti ricordi indesiderati che rievocano l'evento scatenante. Sono frequenti gli incubi relativi all'evento. Meno comuni sono gli stati dissociativi transitori in cui gli eventi vengono rivissuti come se stessero accadendo, causando talvolta nel paziente la stessa reazione avuta nella situazione originaria. I pazienti evitano gli stimoli associati al trauma e spesso si sentono emotivamente insensibili e mostrano disinteresse nelle attività quotidiane. A volte l'espressione completa dei sintomi è ritardata, verificandosi a distanza di molti mesi o anche di anni dall'evento traumatico. La depressione, disturbi d'ansia e l'uso di sostanze sono frequenti tra i pazienti affetti da disturbo post-traumatico da stress cronico. Oltre all'ansia trauma-specifica, i pazienti possono sentirsi in colpa per il loro comportamento durante l'evento o per essere sopravvissuti al contrario di altri.

Il trattamento può aversi essenzialmente su due livelli: quello farmacologico e quello psicoterapeutico. Si devono imparare metodi di gestione dell'ansia e della depressione e a modificare comportamenti pericolosi e si è notato che anche le terapie di gruppo hanno dato buoni risultati. Molto importante è il ruolo e il coinvolgimento della comunità di appartenenza e della famiglia. Il trattamento deve quindi partire da una fase di educazione e di informazione dei superstiti e delle loro famiglie sulla possibilità e sulle modalità di sviluppo. Riconoscere i sintomi nelle settimane successive, e agire rapidamente per gestirli e trattarli è una componente che influenza fortemente il successo del trattamento.